L’obiettivo per diventare hub europeo della ricerca scientifica è vicino. L’Italia ha infatti le carte in regola, grazie alla visione solidaristica e universale del suo Sistema sanitario e al suo know how, per guidare anche il resto d’Europa nella gestione della salute dei cittadini e trovare il trait d’union tra etica e innovazione per migliorare la salute delle persone. Ma bisogna eliminare alcune resistenze che ancora permangono nel Paese.
È stato questo il filo rosso lungo il quale si è snodato il confronto al convegno “Inventing for Life – Leading Innovation Fostering Ethics” organizzato a Roma da Msd in occasione dei suoi 60 anni di presenza in Italia, e i 125 anni nel mondo. Una giornata che ha visto rappresentanti delle Istituzioni, della classe politica, della comunità scientifica, dell’accademia e del mondo dell’industria confrontarsi su temi portanti del mondo della sanità quali la ricerca scientifica, soprattutto in ambito farmacologico e l’innovazione. Ma anche sul valore della responsabilità sociale e dell’etica che deve ispirare tutti gli attori coinvolti. “Msd nel corso della sua storia di successo lunga 125 anni, dei quali 60 in Italia – ha affermato Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato di Msd Italia – ha scritto pagine fondamentali nel progresso scientifico e nella lotta alla patologie socialmente più rilevanti un successo raggiunto sia nella prevenzione, attraverso i nostri vaccini, che nella cura, attraverso la nostra innovazione terapeutica e il nostro approccio multidisciplinare One Health. I farmaci innovativi ci hanno permesso di cambiare la gestione della malattia. Ma abbiamo anche tanti progetti che stanno diventando realtà nella prevenzione e nella lotta alle patologie a maggior impatto sociale (tumori, malattie infettive, malattie cardiovascolari, diabete, Alzheimer). Il nostro obiettivo è continuare a ricercare e sviluppare innovazioni farmacologiche nei nostri laboratori, anche collaborando con tutti gli stakeholder attraverso partnership trasparenti, etiche in grado di generare valore per la Sanità pubblica”.
Italia faro della ricerca europea
Soprattutto, l’Italia può diventare un punto di riferimento a livello europeo per la ricerca, ma ha aggiunto Luppi: “Deve essere in grado di implementare una governance che metta veramente le Aziende in grado di sentire questo Paese come attrattivo perché dotato di una visione olistica su quanto l’innovazione nella ricerca scientifica può produrre. Dobbiamo quindi guardare all’indotto positivo che l’innovazione porta in termini di spese evitate e di opportunità occupazionali. Servono investimenti lungimiranti e a trecentosessanta gradi. Solo così possiamo diventare Paese di punta e diventare con le nostre idee, innovazione e cervelli il motore per guidare anche il resto d’Europa”. Certo c’è un problema di sostenibilità dell’innovazione farmaceutica. Una priorità nell’agenda di AIFA, ha assicurato Mario Melazzini, Direttore Generale Aifa ricordando che, a questo proposito, occorrerebbe attuare “un piano industriale” nel medio e lungo periodo per recuperare i costi sanitari, diretti e indiretti, evitabili e poter dare a tutti i malati il farmaco giusto nel momento giusto. “Il potenziale di attrazione degli investimenti nel nostro Paese è enorme – ha aggiunto Melazzini– nel campo della sperimentazione clinica siamo infatti un punto di riferimento, specie nella Fase I, ma di contro abbiamo ancora un indice di attrattività bassissima. Questo perché l’investitore deve avere la certezza della risposta. Il nuovo regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche che entrerà a regime nel 2018 ci permetterà di implementare l’attrattività verso il nostro Paese e diventare l’hub europeo della ricerca clinica. Come AIFA dobbiamo però efficientare la macchina organizzativa interna e gestionale. Dobbiamo poter garantire sempre le risposte che ci vengono chieste non solo dalle Aziende, ma dal destinatario finale. Dobbiamo anche trovare strumenti di negoziazione sovrapponibili con le altre agenzie europee per agevolare l’accesso alle cure”.
Integrazione pubblico-privato
Un punto sul quale ha posto l’accento anche Paolo Bonaretti, Coordinatore Tavolo Farmaceutica presso Ministero dello Sviluppo Economico è il rapporto tra soggetti pubblici e privati. “La collaborazione tra pubblico e privato per la promozione della Ricerca nel nostro Paese – ha affermato Bonaretti – è uno dei punti focali non solo delle politiche italiane ma anche delle politiche mondiali. Nella ricerca biomedica siamo sostanzialmente forti e abbiamo un Ssn universale e solidaristico che ci consente di avere una visione globale della sanità e una grande mole di dati per capire quali sono i costi evitabili e quelli appropriati. Ora – ha aggiunto –dobbiamo capire come diventare attrattivi. Il tavolo della farmaceutica sta lavorando per creare un sistema accogliente per gli investimenti. Ma abbiamo la necessità di dare vita a una rete di infrastrutture pubblico-private inserite nel Ssn in cui possono intervenire immediatamente sia il pubblico sia il privato per ridurre il rischio del costo della ricerca”. In questo scenario, ha aggiunto, la ricerca indipendente diventa una funzione fondamentale. Bisogna però agire anche sui diversi sistemi di rimborso in Europa che “stanno generando grandi problemi”.
Il “Rinascimento” dell’industria farmaceutica italiana
“La ricerca negli ultimi decenni ha fatto grandi passi in avanti – ha detto Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria – ci sono 7 mila farmaci in sviluppo nel mondo che potrebbero offrire nuove opportunità di cura per malattie ancora oggi senza una terapia definitiva. E questo rinascimento della ricerca vede l’Italia in prima linea nell’innovazione, con le sue molte eccellenze che si affermano a livello internazionale nelle biotecnologie, nelle terapie avanzate, nei vaccini, negli emoderivati e negli studi clinici. La nostra è un’industria molto produttiva. Per anni non siamo cresciuti, ma ora abbiamo un segno più. I dati di ottobre rispetto all’anno precedente, indicano per la farmaceutica una crescita del 6,3%. E anche un risultato migliore tra i settori manifatturieri: da gennaio-ottobre 2016 rispetto al 2015 la siamo aumentati del 2.3%. Certo nella ricerca dobbiamo uscire dalla logica del silos e implementare le valutazioni degli out-come. Ma al Paese serve una nuova governance del farmaco. È quello che chiedono le Aziende insieme alla stabilità del Paese. Anche perché possiamo diventare l’hub della ricerca in Europa”.
Insomma, le carte in regola per diventare competitivi ci sarebbero e come ha ricordato Roberto Cingolani, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia: “Gli scienziati italiani sono molto apprezzati nel mondo per la loro preparazione e e in Italia avremmo tutti i numeri per essere realmente competitivi, ma un aspetto su cui il Paese deve ancora lavorare è l’attrattività a livello internazionale, in fin dei conti non è la fuga dei cervelli il nostro problema, ma il bilanciamento dei flussi in entrata e uscita dall’Italia”. Anche per Fabio Pammolli, Presidente Fondazione Cerm l’Italia ha molte chance: “Abbiamo introdotto una serie di elementi importanti nella normativa, nella valutazione degli out put e nelle modalità di accordo sui nuovi prodotti, ma dobbiamo migliorare gli strumenti informativi per capire, dai dati real life, come impattano le malattie, ed anche creare un’interazione tra pubblico e privato”
Responsabilità sociale e ruolo delle Istituzioni
Altro tema toccato nel corso della giornata è stato quello della responsabilità sociale e del ruolo che Istituzioni e dei privati devono avere.“Riavvicinare la sanità alle persone – ha detto Mario Marazziti, Presidente XII Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati – favorendo una vera integrazione tra il sociale e il sanitario e lavorare per garantire uguaglianza e tempestività nell’accesso alle cure ai cittadini è per me la base di quello che definiamo Responsabilità Sociale in Sanità. L’innovazione deve sempre coniugarsi con l’equità e l’appropriatezza. Occorre ricreare uguaglianza, persa, nella sanità. I Lea non possono essere reali, pienamente, solo in otto regioni. E non essere pienamente esigibili nel resto d’Italia. È questa la vecchia e nuova frontiera. Servono, certo, risorse adeguate, meccanismi efficaci e nuova organizzazione, interventi coordinati tra pubblico e privato per ridurre le iniquità che ancora esistono in Italia nell’accesso alle cure e alle prestazioni sanitarie.” “Nel nostro Paese abbiamo modelli interessanti che possono essere presi come punto di riferimento – ha aggiunto Federico Gelli, Presidente della Commissione d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti – ma parlare di responsabilità e etica, quando ancora gravando alcuni macigni sul nostro Paese come quello dell’integrazione tra pubblico e privato, è complesso. Credo serva un nuovo tagliando alla sanità del nostro Paese. Sono anche convinto che il nostro dovere, come rappresentanti delle istituzioni ma soprattutto come cittadini italiani, sia quello di dare fattivamente credibilità alle nostre parole quando, come Europa, ci facciamo promotori di diritti civili e umani”.